domenica 20 dicembre 2009

Consapevolezza




Escher - Tre sfere


 ἡ μὲν ὅπως ἔστιν τε καὶ ὡς οὐκ ἔστι μὴ εἶναι
(Parmenide - Sulla Natura, DK fr.2)



A cosa mancherò?


Vedrò mio nipote divenire padre?

Mangerò il frutto dell'albero che ho piantato?



Penso alla morte
come alla privazione

non della mia vita

ma d' altre vite.


Un futuro
a cui  si possa
presenziare
dall'assenza.



[Jonathan S. Benatti - 20 Dicembre 2009]

4 commenti:

Anonimo ha detto...

ti ho chiesto l'amicizia perché la tua scheda in fb è molto interessante; anche io penso alla morte, ma forse in maniera diversa, ma mi piace il tuo modo ciao manlio

Jonathan ha detto...

Caro Manlio ti ringrazio sentitamente. Credo ci siano molti modi di pensare alla morte. Questo può essere uno, ma in realtà non riassume tutto ciò che penso su questo aspetto della vita. Mi fa sorridere lo humor di Mark Strand quando in una sua poesia afferma che non è lui che pensa alla morte, ma la morte che pensa a lui. Credo sia importante l'accettazione della morte come parte della vita, ma al contempo credo sia importante che questo pensiero non paralizzi la vita. "La vita resta" (Y. Bonnefoy)
Un abbraccio.
J.

AoS ha detto...

Jonathan Benatti è autore innatamente e spiccatamente abile nell'unire la singolarità dei versi ad una sensibilità elitaria che ne fa una delle penne più bizzarre ed attraenti tra i giovani "scribacchini" di questo tempo.
Il congratularsi?
Inevitabile.

Jonathan ha detto...

Sono senza parole e continuo a maledire un po' la lingua italiana che, versatile per molti aspetti, nell'esprimere la riconoscenza e lo stupore non ha ancora coniato un termine soddisfacente. L'apprezzamento ricevuto e le congratulazioni sono per me motivo di gioia incontenibile (mi domando chi non lo sarebbe di fronte a tali parole) ma, al contempo, non posso non cospargermi il capo di molte ceneri e continuare a lavorare per raggiungere la grande intensità, precisione e ampiezza del versificare tuo, di Natalia, di Gloria e di altri grandi contemporanei come voi. Come direbbe un antico detto rabbinico: siedo nella polvere dei miei maestri con cui ho l'onore di avere un rapporto umano fonte continua di doni e crescita. Grazie!